Hearts of Iron – Germania 1936

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Sto riprendendo in mano, uno per uno, i grandi classici della strategia su PC. Dopo aver rivisto Rome: Total War, è arrivato il turno di un titolo che, all’epoca, fece discutere e appassionare migliaia di giocatori: Hearts of Iron, il primo capitolo della celebre serie Paradox ambientata nella Seconda Guerra Mondiale.
Questa serie di articoli nasce dal desiderio di tornare su vecchi giochi che hanno segnato un’epoca, rileggerli con gli occhi di oggi e capire cosa li rende ancora affascinanti, nonostante il tempo passato.

Germania 1936: l’inizio della campagna

Caricare la campagna con la Germania nel 1936 è un vero tuffo nella storia. Si comincia con decisioni cruciali: potenziare l’industria nazionale, aumentare i fondi alla ricerca per ottenere nuovi modelli di panzer e avviare la costruzione di U-boat destinati all’Atlantico. Ma ben presto emergono i primi problemi: le risorse naturali iniziano a scarseggiare, le riserve strategiche calano e ci si trova di fronte a un bivio. Bisogna scegliere se rivolgersi al mercato mondiale oppure tentare la strada più aggressiva, quella di una rapida blitzkrieg.

La diplomazia iniziale porta ad annessioni importanti: l’Austria e parte della Cecoslovacchia entrano sotto il nostro controllo, ma quello che davvero manca è il petrolio. È inevitabile guardare alla Romania e ai suoi preziosi giacimenti. Nel frattempo l’esercito si prepara: Rommel prende il comando delle divisioni corazzate, Guderian e Manstein guidano la fanteria. Tutto sembra filare liscio, finché Francia e Inghilterra non dichiarano guerra. Ed è lì che il giocatore si rende conto di quanto sia sottile il filo tra un’espansione calcolata e un rischio fatale.

Un gameplay che ricorda Europa Universalis

Chi ha giocato a Europa Universalis ritroverà in Hearts of Iron una struttura simile: una grande mappa geopolitica mondiale su cui muovere truppe e prendere decisioni. La differenza è l’ambientazione: qui siamo negli anni più bui del Novecento.
Il tempo scorre veloce, circa un’ora al secondo, ma si può sempre mettere in pausa per riflettere e pianificare. Questo permette di affrontare con calma i momenti più delicati, come un’offensiva su più fronti o la riorganizzazione dell’economia nazionale.

Sin dall’inizio il giocatore deve occuparsi di mille aspetti diversi: ricerca scientifica, industria, fortificazioni, produzione, aggiornamento dell’esercito, gestione delle risorse naturali e diplomazia. È un approccio totale, che simula in maniera piuttosto realistica la complessità di governare una nazione in guerra.

Produzione e risorse

La produzione industriale è il cuore del gioco. Ogni regione controllata fornisce risorse e punti industriali. Questi ultimi vanno ripartiti tra beni civili, munizioni e ricambi, ricerca e costruzione bellica.
Il sistema obbliga a trovare un equilibrio: trascurare i beni civili fa crescere il dissenso della popolazione, e il malcontento influisce direttamente sul morale delle truppe. Trascurare le munizioni significa avere un esercito inefficiente, mentre senza ricerca si rischia di combattere con unità obsolete.

Le industrie funzionano solo se hanno a disposizione le quattro materie prime fondamentali: carbone, acciaio, petrolio e gomma. In mancanza di una risorsa, è possibile convertirne un’altra, come il carbone in idrocarburi, ma l’efficienza dipende dal livello tecnologico raggiunto.
Le risorse possono arrivare da tre fonti: i giacimenti nazionali, il commercio sul mercato mondiale o i convogli che riportano materie prime dalle colonie. È un sistema complesso e profondo, che costringe a pianificare a lungo termine.

Ricerca e tecnologia

Un altro pilastro del gameplay è la ricerca scientifica. Si può investire in numerosi rami: navale, sottomarino, aereo, terrestre e persino nucleare. Ogni avanzamento ha un costo e un tempo preciso, e senza investimenti adeguati le nostre divisioni diventano rapidamente sorpassate.
Il bello di Hearts of Iron è che i progressi tecnologici non sono solo “numeri”, ma spesso sbloccano nuove unità o potenziano quelle esistenti. L’impressione è quella di partecipare davvero a una corsa agli armamenti, in cui ogni scelta influenza il destino della nazione.

Diplomazia: l’anello debole

La diplomazia è uno degli aspetti meno riusciti. Le opzioni sono poche: si può influenzare una nazione, dichiarare guerra, rivendicare territori o annettere stati. Tutto questo costa punti politici, che

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